Godder, viaggio alle origini dell’Umanità


15.07.2010

Godder, viaggio alle origini dell’Umanità
DANZA/1. Alle Bolle di Nardini l’artista israeliana propone una creazione di grande forza
Anche l’ultimo lavoro della coreografa, “A close look into the happy end”, conferma una straordinarietà raramente riscontrabile nella danza contemporanea

Godder, viaggio alle origini dell’Umanità Si indaga sugli aspetti legati all’identità, all’esperienza di vita di ogn’uno, alla ricerca affettiva e di contatto umano. I sei ottimi performers (Dalia Chaimsky, Shulamit Enosh, Tsuf Itschaky, Danny Neyman, Anat Vaadia, Sara Wilhelmsson), all’interno del suggestivo specchio d’acqua alla base delle bolle, alternano solitudini a momenti di gruppo dall’articolata combinatoria di gesti, che si compongono in fuggitivi tracciati corporei. Braccia che feriscono come lame, mani sul volto, corpi che si rinchiudono l’uno nell’altro, abbracci imperiosi e carezze.
Come nelle celebrazioni misteriche, l’iniziato deve morire simbolicamente per poter rivivere in possesso delle autentiche qualità umane. L’eletto che si salva galleggia a lungo sulle acque, dialoga con esse, le sfida, le contempla, le penetra per giungere ad una vita totalmente nuova e per scoprire se stesso.
Lo spettatore rimane immobile, percepisce una leggera crudeltà, una velata ironia, una sensazione di distacco, eppure di estrema vicinanza con gli interpreti, con la loro condizione di solitudine e di costante ricerca di un corpo da avvicinare al proprio, e si sente infine partecipe di quel gioco d’incontri e di esclusioni, che regala momenti teneri e al contempo spietati.
Rinchiusi in un ascensore trasparente i danzatori vengono poi risucchiati all’interno “dell’astronave”. E in questa zona il lavoro, quasi del tutto visuale, ha come fine la meraviglia, la stravaganza degli esseri che lo popolano: guerrieri con tre rotule e dalla testa ricoperta da un’enorme parrucca fatta di pupazzi di peluche, cyber-poliziotti corazzati e bitorzoluti, una diva svampita con un super cranio viola a cui cade continuamente la racchetta da tennis, una fanciulla sublime dalla cui bocca pende una lingua rossissima e molliccia cammina su zatteroni fatti con le confezioni di cartone per le uova.
Sul finire questo popolo extra mondo sembra tornare alle origini dell’Umanità. Non più l’uomo ma scimmie che oltre al vetro, attraverso una nube di fumo e al ritmo dei testi letti da narratori seduti, avanzano come in uno zoo al contrario: qui gli animali in gabbia siamo noi. L’invenzione incuriosisce, affascina per la ricchezza di suggestioni, e non sazia.
RIPRODUZIONE RISERVATA La maggior parte dei lavori di Yasmeen Godder hanno qualcosa di unico, qualcosa di straordinario che raramente si trova in altre esperienze presenti nel diversificato panorama della danza contemporanea. In bilico fra ironia e rigore formale, le creazioni geniali della Godder indagano temi sempre diversi: crudeltà e violenze relazionali; i meccanismi della percezione visiva; questioni politicamente controverse come la guerra in Israele.
Le sue creazioni sono frutto di un’intelligente reinterpretazione di alcuni stilemi della contact improvisation e di un certo atletismo: la danzatrice-coreografa israeliana, cresciuta artisticamente a New York, riesce così a creare grazie anche alla collaborazione con il drammaturgo Itzik Giuli un personale linguaggio di forte impatto visivo ed emotivo, a cui appartiene anche A close look into the happy end, il nuovo progetto coprodotto da Opera Estate Festival e presentato a Bassano alle Bolle Nardini.